lunedì 21 marzo 2022

Il dubbio e il dogma

La nostra epoca, patinata e spudoratamente perfetta, in cui il cellulare e la nostra esistenza attraverso le sue immagini, occupano tutti i nostri pensieri, sembra aver deliberatamente soppresso il pensiero critico, annientato come un acerrimo nemico. E le nostre menti, ottenebrate da una confusione mistificatrice, sembrano aver sviluppato una sorta di intolleranza alla comprensione, trovando più comodo adagiarsi a una sorta di totalitarismo del pensiero unico. La pigrizia interiore ha preso il sopravvento e ci accontentiamo della prima verità assoluta che ci viene sbattuta in faccia dimenticando che il nostro Io per sentirsi vivo ha bisogno di ricerca, di riflessione e soprattutto di domande a cui dare risposte. Se non siamo animati da un dubbio perenne, dal continuo e incessante bisogno di capire il senso profondo di ciò che avviene intorno a noi, al di là di tutti i dogmi ideologici che ci vengono imposti quotidianamente, siamo solo burattini nelle mani di chi muove fili invisibili.

Nel corso della storia il dubbio ha generato importanti conoscenze in ogni campo, ha nutrito i pensieri di grandi uomini e donne tra cui Ipazia, nata ad Alessandria d’Egitto intorno al 355 e figlia di Teone un matematico e scienziato. Essa, da sua allieva, gli succedette nell’insegnamento delle scienze matematiche nella scuola Alessandrina, ma non fu soltanto un’eccellente astronoma e matematica, la sua vivace intelligenza la portò a superare di molto tutti i filosofi del tempo e ad affermarsi come una filosofa neoplatonica di fama, per questo si dedicò con passione a insegnare e a trasmettere un modo di pensare filosofico a tutti quelli che accorrevano da ogni parte per ascoltarla.
Per Ipazia la filosofia era uno stile di vita da applicare ogni giorno ma soprattutto “una costante, religiosa, disciplinata ricerca della verità”.
Per questo ella spesso, indossava un mantello e insegnava pubblicamente per le strade della città, dimostrando consapevolezza di se stessa e audacia in quanto continuava a diffondere una disciplina che è stata bandita dalla Chiesa con l’editto di Costantino prima e poi con l’Editto di Intolleranza di Teodosio.
Nonostante i templi dell’antica religione fossero stati demoliti per ordine del vescovo Teofilo, lei, conscia della propria libertà intellettuale, non si lasciò intimorire e acquisì sempre più prestigio culturale che con il tempo si trasformò anche in influenza politica. Ipazia era una donna di grandi capacità dialettiche e affascinava per la sua ieratica compostezza e raffinatezza inoltre si dimostrò esperta di dottrine politiche e una profonda conoscitrice della società in cui viveva per questo discuteva senza imbarazzo con i capi della città che andavano da lei prima di prendere delle decisioni pubbliche, soprattutto il prefetto augustale poiché Alessandria era una provincia d’Egitto assoggettata al potere centrale romano.
Ipazia fu rispettata da tutti, soprattutto per la sua saggezza poiché mantenne sempre un atteggiamento moderato e tollerante che la induceva ad affrontare i problemi trovando sempre una mediazione non prendendo mai una posizione tra un partito o l’altro per pregiudizio ma esaminando sempre ognuno dei problemi in modo del tutto indipendente dalle implicazioni, ideologiche politiche o religiose.
Ma come ogni mente libera si scontrò con la presunta intransigenza religiosa del vescovo Cirillo che invece perseguiva una strategia di ingerenza giurisdizionale ai poteri civili dello stato. Notando la sua forte influenza politica, iniziò una campagna diffamatoria contro di lei e a calunniarla accusandola di essere una strega, dedita alla magia, per ingannare con stratagemmi satanici. Così mentre stava ritornando a casa, fu aggredita da un gruppo di cristiani, la trascinarono in chiesa, le strapparono le vesti e la uccisero a colpi di cocci, poi la fecero a pezzi e li bruciarono per cancellare ogni traccia di lei.
L’omicidio di Ipazia testimonia lungo i secoli l’eterno contrasto tra il dubbio, come filosofia di una vita libera da pregiudizi, e l’intransigenza del dogma che rinchiude dentro schemi rigidi in una vana illusione di libertà.
Una lotta di potere, un conflitto mai risolto tra la libertà di pensiero, la continua ricerca, e una ferrea volontà di imporre un’unica legge, un’unica visione della realtà.
Ipazia e Cirillo divengono, così, metafora del dramma archetipico che coinvolge tutti noi. E ricordarla significa ricordare a noi stessi che non esiste una verità assoluta ma dobbiamo sempre perseguire il relativamente e empiricamente giusto o il relativamente o empiricamente sbagliato. Il nostro compito primario è quello di mantenere sempre un approccio critico e consapevole, senza lasciarci sedurre dalla superficialità di opinioni presentate come certezze universali.
Anche se viviamo in una società caratterizzata da dogmatismi e integralismi di vario genere, e risulta difficile combattere per il dubbio, non dimentichiamoci mai di farlo.
Lo dobbiamo alla nostra identità e alla onestà intellettuale di una comunità vera e raziocinante.

lunedì 7 marzo 2022

Il fatidico 8 Marzo

Questa nostra società, preoccupata di mantenere inalterata la sua apparente perfezione e affannata nella sua spasmodica ricerca di porsi come un modello moralmente impeccabile, con una regolarità sempre più incalzante, ci propina tutta una serie di commemorazioni, di giorni in cui noi, piccoli ingranaggi di un gigantesco orologio del tempo, sembriamo fermarci e concentrarci su un ricordo del nostro passato. Ed ecco che ognuno di noi all’improvviso sente il bisogno di dire qualcosa, di fare qualcosa di importante altrimenti si corre il rischio di essere accusati di insensibilità. Ma poiché siamo così assuefatti alla frettolosità e alla leggerezza come se camminassimo perennemente sulla superficie delle nostre esistenze senza mai scendere in profondità, questi giorni diventano per noi un’altra occasione per distrarci e per continuare ostinatamente a non soffermarci su noi stessi e su ciò che è veramente importante.

E così anche oggi, l’osannato 8 Marzo, il giorno che tutte noi donne aspettiamo come una rivelazione profetica, in cui possiamo e dobbiamo rivendicare la nostra femminilità, il nostro essere alla pari se non addirittura superiori ai nostri presunti antagonisti di sempre: gli uomini.

Ma anche noi sperse nell’universo di fatuità che sembra stritolarci tutti senza alcuna via di scampo, invece di affermare noi stesse per ciò che siamo, rincorriamo e seguiamo gli illusori segnali che ci inviano le logiche di mercato e dei consumi, che ci abbagliano con le loro immagini colorate e che travestono la pura materialità di ideali.

Ma soprattutto dobbiamo arrivare preparate a questo grande giorno!

Così, a partire dalla settimana precedente, per paura che ce ne possa sfuggire qualcuna, arrivano, puntuali, infinite promozioni dedicate esclusivamente a noi. Negozi di abbigliamento, gioiellerie, profumerie, centri estetici ma anche gli articoli più assurdi che non compreremmo mai, che non rientrano nei nostri desideri ma che forse in un momento di esaltazione, soggiogate dalla incontrollabile smania di non perdere tutti questi sconti creati solo per festeggiarci, potrebbero catturare la nostra attenzione.  E il martellamento dei messaggi sui nostri cellulari, invasi da offerte che intasano la nostra casella postale, diventa ogni momento sempre più pressante come per scolpire in modo indelebile nella nostra anima una sola e impellente consapevolezza: l’8 marzo è l’unico giorno in cui tutto l’universo si ricorda di noi e la nostra presenza su questa terra trova la sua piena manifestazione in queste preziose ventiquattro ore.

E noi donne, senza accorgerci di essere avviluppate in questa rete frenetica di condizionamenti, senza nemmeno sapere il perché entriamo in fermento come se questo giorno fosse la nostra ultima possibilità di riemergere dall’oblio delle nostre giornate. In un risveglio irreale delle nostre identità, ci affanniamo a cercare noi stesse nella esteriorità delle nostre vite e organizziamo “uscite” con le amiche, una cena, un drink purchè siano solo donne senza la presenza ingombrante del nemico-uomo.

E questo giorno si svuota dei suoi significati più intrinseci, della sua valenza celebrativa e si trasforma in un’occasione per divertirci, perché il divertimento ci è stato servito come il piatto basilare e centrale, come il solo modo per allentare la strette maglie della nostra perenne e frenetica corsa. Con le sue luci ci disorienta e non ci permette di vedere che invece di allontanarci dalle nostre angosce, ci fa sprofondare ancora più in basso.  Non ci permette di comprendere che, quando il giorno dopo, i riflettori si spengono, tutto ritorna a scorrere esattamente come prima, con i suoi problemi e i suoi intoppi.

Ma questo fatidico 8 Marzo, giorno atteso, acclamato, criticato, svilito, pur con queste sue perenni e inevitabili contraddizioni, racchiude in sé una sua profondità. Volenti o nolenti, costringe tutti, donne e uomini, a guardarsi veramente, l’uno di fronte all’altro, e a confrontarsi sul proprio ruolo nell’eterna altalena della vita.

Quindi oggi fermiamoci per davvero, volgiamo i nostri pensieri alle donne del nostro passato che hanno lottato per i diritti di cui godiamo e che hanno sacrificato la propria vita pur di consegnare a noi questa nostra emancipazione.

Senza lasciarci ottenebrare dall’incessante vocio esterno, cerchiamo di ascoltare solamente la nostra voce interiore spinti dalla voglia di capire chi siamo, chi vogliamo essere e come vogliamo che sia il nostro futuro.

Oggi fermiamoci tutti, donne e uomini, consci di essere tutti partecipi di un’unica dimensione in cui non esistono differenze o contrapposizioni, ma inclusività e accettazione l’uno dell’altro in un rapporto di rispetto reciproco, oggi come ogni singolo giorno della nostra quotidianità.

Pupi moderni senza onore

Nell’era della tecnologia e della multimedialità parlare dell’Opera dei Pupi significa ritornare indietro in un luogo sbiadito del nostro pa...